Se state scegliendo la nuova caldaia da installare a casa vostra, sicuramente vi avranno parlato delle caldaie a condensazione. Ma come funzionano? Sono amiche dell’ambiente? E, soprattutto, è vero che consumano meno energia per riscaldare rispetto ad una caldaia tradizionale?
La caldaia a condensazione è un generatore di calore in grado di ottenere un rendimento termodinamico superiore alle tradizionali caldaie. La conseguente riduzione di ossidi di azoto e delle loro miscele (NOx) e di monossido di carbonio (CO2) genera un minor inquinamento atmosferico.
Non sono proprio una novità, dato che le prime caldaie a condensazione furono introdotto sul mercato nel 1989 dal costruttore Junkers. Come funziona la caldaia a condensazione? Tutta una questione di temperature!
Ad essere proprio precisi ed un pochino noiosamente tecnici funzionano così: quando la temperatura dei fumi prodotti dalla combustione di metano scende sotto il punto di rugiada (circa a 56° C), il vapore comincia a condensare, tornando allo stato liquido liberando il cosiddetto calore latente, sfruttato dagli scambiatori di calore delle caldaie a condensazione.
Come già detto il principio di funzionamento delle caldaie a condensazione, è quello di sfruttare l’energia dei fumi di scarico, solitamente mandati all’esterno, catturandoli ancora caldi e facendoli condensare recuperandone l’energia. Questo processo di condensazione permette allo scambiatore di calore della caldaia di assorbire il calore latente nei gas di scarico utilizzandolo per preriscaldare l’acqua fredda di ritorno dal circuito di riscaldamento. Ciò permette una minore quantità di combustibile per ottenere la giusta temperatura dell’acqua del circuito di riscaldamento. Il calore latente è la quantità di energia scambiata, sotto forma di calore, durante lo svolgimento di un passaggio di stato.
Per far condensare il vapore dei fumi (condensazione = passaggio da gas a liquido), le caldaie a condensazione sfruttano la temperatura dell’acqua di ritorno dall’impianto termico che è più fredda rispetto alla temperatura dell’acqua di mandata.
Con questa tecnologia, la temperatura dei fumi di uscita si abbassa a circa 40 °C ed è prossima alla temperatura di mandata dell’acqua (nelle caldaie a condensazione più efficienti, la temperatura dei fumi può essere addirittura inferiore alla temperatura di mandata dell’acqua). La temperatura dei fumi in uscita, nelle caldaie non a condensazione, in genere è inferiore ai 140 – 160 °C nelle caldaie ad alto rendimento ed inferiore ai 200 – 250 °C nelle caldaie tradizionali.
Le caldaie a condensazione riescono a sfruttare l’energia termica dei fumi perché sono realizzate con materiali resistenti all’acidità della condensa. In particolare utilizzano scambiatori di calore ad hoc, resistenti all’acidità (pH 4-5) che va a formarsi condensando il vapore di combustione. I metalli principalmente usati sono acciaio inox e lega alluminio-silicio, con eventualmente magnesio. Tale lega è discretamente resistente alla corrosione acida e viene quindi intaccata in minima parte nella vita di una caldaia.
Vantaggi: massimi rendimenti, elevatissima resistenza agli shock termici e dilatazioni.
Svantaggi: l’industrializzazione è piuttosto costosa e patisce ambienti basici.
Ma che differenza c’è con le classiche caldaie?
Le normali caldaie, anche quelle etichettate come “ad alto rendimento” utilizzano solo una parte del calore ricavabile dai fumi di combustione perché ne evitano la condensazione in quanto sarebbe corrosivo.
Tutto il vapore acqueo generato dalla combustione, nelle normali caldaie, viene disperso e con esso anche l’energia termica definita “calore laterale”. Negli impianti a condensazione si sfrutta proprio questo potenziale.
Pertanto scegliendo una caldaia a condensazione si otterrà un notevole risparmio in termini di gas e si avrà un minore impatto ambientale.
Immagini: credits web